venerdì, Ottobre 11, 2024

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Accademici, attivisti e lettori dal Messico e dai paesi andini hanno discusso della situazione attuale nei loro paesi e società in questa cerimonia editoriale organizzata dal Ministero della Cultura del governo messicano e dall’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH).

Lo studioso cileno Edgars Martinez Navarrete, del Center for Research and Graduate Studies in Social Anthropology, ha tenuto la conferenza al popolo Mapuche: indipendenza territoriale e pluralismo delle nazionalità nel processo di fondazione cilena.

Martinez Navarrete ha passato in rassegna le ragioni ei dettagli del voto mapuche nel referendum tenutosi il 4 settembre in Cile.

Ha affermato che una delle componenti principali del suddetto accordo era l’obbligo di consultazioni con i cileni qualora volessero modificare la loro costituzione in vigore dal 1980 e redatta dalla dittatura di Augusto Pinochet, per una proposta tra l’altro, che metteva in evidenza la natura multinazionale del Cile, ma è stata respinta.

“Se consideriamo che durante questo referendum d’uscita era obbligatorio votare, con 13 milioni di persone che andavano alle urne, è sorprendente che non solo il 62 per cento degli elettori abbia bocciato la proposta, ma gran parte di questo rifiuto sia stato registrato nel regioni con la più grande popolazione mapuche”.

Ha sottolineato che, sebbene nel progetto fondativo vi siano stati mapuche che hanno promosso il pluralismo delle nazionalità, il referendum ha mostrato che un ampio settore locale del movimento per l’autonomia aveva una posizione decisiva.

Una parte fondamentale di questo, ha spiegato, è la posizione dei mapuche su come lo stato cileno abbia istituito un’architettura di assimilazione che non tiene conto di secoli di oppressione, espropriazione e discriminazione contro questi popoli indigeni.

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Ha citato come esempio il risentimento per la riduzione delle terre ancestrali rivendicato dai Mapuche – Wallmapu, un’area di 11 milioni di ettari tra quello che oggi è il Cile e l’Argentina – e ha sottolineato che, allo stato attuale, le riserve di queste comunità sono limitate a poco più di 500.000 ettari.

Attualmente, nel sud del Cile c’è uno stato di emergenza e di confronto tra militari e mapuche, e molti leader e attivisti indigeni sono prigionieri politici.

Ha concluso che i risultati del referendum hanno mostrato un rifiuto politico da parte dei settori popolari e ha sottolineato che di fronte a un rinnovato progetto costituzionale, sarebbe necessario iniziare dal riconoscimento dell’eredità coloniale e creare un nuovo rapporto politico tra lo Stato e i Mapuche.

rgh / lma