Maggio 2, 2024

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Juan Azul, il critico del suo album, I giorni migliori sono già passati

Juan Azul, il critico del suo album, I giorni migliori sono già passati

Far suonare la tua musica come nessun altro e produrre un suono che trascende e manca di confronti manuali sembra essere il compito più arduo che un artista possa affrontare. Se a questo scopo, casuale o intenzionale, aggiungi il fatto che questa è la tua prima avventura da solo, presenta Juan Fernandez Savatre al timone del suo progetto giovanni blu assurge a una straordinaria forza di merito e di merito, perché la prima cosa a cui pensiamo sentendo il suo esordio correlato, titolato “I giorni migliori sono finiti.”è che questo artista di Madrid è riuscito a buttare via tutti i riferimenti usati e il suo precedente viaggio come membro dei Párpados, risultando in un suono più maturo, raffinato e minaccioso fino all’orrore.

L’intensità di questo agglomerato di suoni che compongono i suoi sette pezzi ci costringerà inevitabilmente ad ascoltarlo attentamente, perché il suo ideatore è chiaro fin dall’inizio che vuole sfuggire a composizioni semplificate e chiare, che richiedono all’ascoltatore, in in qualche modo, tornare sui suoi passi per apprezzare appieno le sofisticate linee che ogni traccia delle sue tracce cela. Insistendo delicatamente su questo disparato mix di ritmi, il buon vecchio Juan seduce le nostre orecchie e il nostro interesse con una miscela di suoni impossibili in cui passaggi sintetici, loop psichedelici e le note romantiche più familiari del pop prendono il sopravvento. Tuttavia, ciò che è inclassificabile in questo artista e, quindi, la nota che riesce a separarlo dagli altri suoi contemporanei, è la sua naturale capacità di fornire transizioni che fanno a meno dell’aspetto più esotico del suo discorso (con quei ritmi cupi e quasi scienza- inclusioni di finzione). “Vampiri”) per i dettagli preziosi e meravigliosi che compongono l’emozionante storia in cui Alicia è protagonista. Un saggio di come la strumentazione dell’album, alimentata da sezioni di fiati e assoli di chitarra, sia così ricca di sfumature che riuscirà a non cadere nella ripetitività delle sue strutture, proprio per la qualità della mancanza di pura autocensura e scarico su quella tela bianca un delizioso sermone di che ci infiammerà ed ecciterà in parti uguali.

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La magia scorre leggera e silenziosa nei suoi ultimi capitoli, da sezioni che suggeriscono un rock progressivo più tranquillo (Valle delle bambole), a sprazzi della scena post-punk (“Mi ha detto di essere tuo), ninne nanne di serenità e pace introspettiva (“Il ragazzo si alza”, “La luce mi acceca”) e lo scintillante finale jazz e tubolare del suo percorso armonioso che ci rivelano, tra le altre cose, le abilità tonali che consentono a Juan di prenderci per mano e portarci a un livello onirico molto speciale in cui la sua visione artistica è unica e senza precedenti, oltre a questo modo di concepire l’amore e di rivelare le sue esperienze con lui, i lead indicativi sarebbero un debutto piuttosto promettente.